Il Salone Internazionale del Libro che si svolge a Torino dal 15 al 19 maggio, è l’evento più importante, la kermesse imperdibile per le novità editoriali. Quale vetrina migliore per presentare I Demoni del Sepik, l’ultimo romanzo fresco di stampa di Luciano Caminati.
Come nasce l’idea del romanzo?
Come per gli altri miei lavori, l’idea nasce da un viaggio effettuato con alcuni amici nel 2004 proprio lungo il fiume Sepik. Quando ho scoperto le storie legate a questa particolare regione della Papua Nuova Guinea ho compreso di trovarmi davanti allo sfondo perfetto per ambientare una storia di avventura, mistero, tradimento.
Quanto è stato importante lavorare sull’ambientazione?
I Demoni del Sepik ci porta nel magico mondo ancestrale del Sepik River dove sono le forze immanenti alla natura, gli spiriti benigni e maligni, a determinare il vivere dei nativi. In questo caso anche la vita e le avventure dei protagonisti della piccola spedizione antropologica partita per esplorare quel mondo ma che, in realtà, cela altri fini, il regolamento di conti tra i protagonisti stessi senza esclusione di colpi, in un crescendo di tensione psicologica, pathos e violenza. L’ambiente descritto è un personaggio vivo, non un semplice sfondo, capace di interagire coi protagonisti, determinarne le scelte, influire sulla loro psicologia e i mutamenti dello stato d’animo.

Nel romanzo si parla molto del mana e del potere degli oggetti sacri.
Il mana è il simbolo di tutto ciò che non possiamo controllare: la forza della natura, il passato, le nostre stesse paure. Gli oggetti sacri – come il teket trafugato – incarnano il peso delle azioni umane: ogni furto, ogni profanazione lascia una traccia. Credo che nel profondo il romanzo parli proprio di questo: delle conseguenze invisibili dei nostri gesti.



Chi è Antonio Alessandri?
Il Professore, antropologo di fama, è essenzialmente un idealista, ma è corrotto dall’ambizione per la quale è disposto a stringere un patto col diavolo, l’antagonista Ivan Danieli. Il suo è un viaggio interiore, una discesa agli inferi, una lotta contro i propri demoni fino a trovare la forza di riscattarsi a caro prezzo.
Il personaggio di Ivan alias Mladic è uno dei più ambigui.
Rappresenta la seduzione del potere, del denaro, della manipolazione. Ma non lo definirei il cattivo assoluto, il male. Piuttosto è la parte cinica e spietata, la personalità oscura di ognuno quando le regole vengono meno e resta solo la legge della forza. È un uomo sradicato, segnato dalle violenze della guerra che cerca, a modo suo, un futuro diverso nella bellezza dell’Arte ma che è capace di intendere soltanto come possesso e potere, al pari del suo rapporto con Sofia. Ho cercato di renderlo carismatico e non nascondo che mi è anche simpatico.
Ecco, appunto, veniamo a Sofia…
Sofia emerge a poco a poco, fino a diventare un personaggio chiave. È la femme fatale, ambigua, seducente, oscura, fragile e spietata, vittima e artefice. La sua presenza non lascia indifferenti, crea sempre tensioni emotive forti. In un certo senso, se dovessi definirla con una immagine la identificherei proprio con il dipinto del Bronzino, L’Allegoria, dove tutto ciò che appare rappresenta proprio l’opposto…
Il Commissario Gervasio ci sembra agire in modo piuttosto anomalo, molto fuori dalle regole…
Se lo può permettere… Ormai prossimo al pensionamento, si trova ad affrontare un mondo di inganni e simboli dove cerca risposte prima di tutto per sé medesimo. È profondamente umano, imperfetto, direi anche sprovveduto, l’ingenuità della razionalità che cerca spiegazioni. È tramite di lui, coi suoi occhi, con la sua curiosità che entriamo nell’arcano potere dei simboli. È soprattutto il Commissario a prendere coscienza dell’influenza dell’arte con il suo carico simbolico.


Infatti, il romanzo si muove tra il furto di un manufatto tribale e quello di un dipinto rinascimentale. Qual è il legame tra questi episodi?
Entrambi rappresentano il tradimento della sacralità. Il teket (l’idolo totemico) e l’Allegoria di Venere del Bronzino, pur appartenendo a culture così diverse, custodiscono un potere simbolico che viene violato dall’avidità e dalla sete di potere degli uomini. E in entrambi i casi il furto determina una catena di eventi tragici e incontrollabili.
Possiamo dire che il “mana” sia una forza reale anche oggi?
Se lo intendiamo come energia immanente nelle cose: il senso del sacro, il mistero che è in certi luoghi e in certo oggetti, la suggestione che ci pervade in un determinato luogo pieno di energia sottile, il genius loci, per così dire… C’è una massima di Tonino Guerra che, a mio parere, rappresenta bene il concetto: “Arrivate a starvene in silenzio in mezzo alle pietre. Così capirete che nella vostra memoria giacciono frammenti di una vita selvaggia che ogni tanto vorrebbero riaffiorare.” Anche se oggigiorno è sempre più difficile mettere in pratica un suggerimento simile, vista la massificazione del turismo, la facilità degli spostamenti, la fruizione consumistica e l’offerta standardizzata di qualsiasi luogo.

Nel finale il Professore Alessandri compie un gesto estremo…
Sì, è la ricerca di una giustizia, non solo personale. Antonio Alessandri vuole ristabilire l’ordine violato, restituire al Sepik quella sacralità violata in un percorso di doloroso riscatto.
Qual è il messaggio del romanzo?
Ogni conquista ha un prezzo. Quando violiamo qualcosa di sacro – un popolo, una cultura, un valore – lasciamo ferite che non si rimarginano. Occorre sempre interrogarsi su cosa significhi ancora oggi violare, sfruttare, tradire mondi che non comprendiamo, mondi diversi, altri e che magari proprio perché altri ci fanno paura. Ma qui è anche il valore intrinseco del viaggio, di ogni viaggio. I Demoni del Sepik è un’avventura, certo, ma anche una riflessione sull’avidità e sulla redenzione.
Il libro è disponibile in ebook e in cartaceo su Amazon
“Ora toccava proprio a lui, Antonio Alessandri, a raccogliere il messaggio e… adempiere alla missione di rimediare all’ingiustizia dell’oblio”. La spedizione lungo il Sepik River, il fiume più lungo dell’isola di Nuova Guinea è anche la metafora di un viaggio interiore, dove ci si trova faccia a faccia con i propri demoni, le paure e i desideri più inconfessabili. Nell’oblio vissuto dai personaggi in quelle terre sconosciute e minacciose, ciascuno spinto da diverse ragioni, è possibile ascoltare dalla vivida penna di Caminati, perché di un vero e proprio sentire si tratta, l’atmosfera e la cultura del Sepik la cui anima possente pone ogni personaggio di fronte alla propria limitatezza e la propria solitudine. I Demoni del Sepik è un romanzo che sapientemente descrive il cuore di una natura selvaggia, di una spiritualità ancestrale e di antiche tribù che pulsa all’unisono, e il lettore si trova immerso tra sorpresa, paura, attrazzione, repulsione e compassione in un’unica “entità” fremente che attraversa la vita e la morte di ogni essere umano.
Ma l’autore non ci lascia sospesi in questo eterno conflitto,ci accompagna con mano salda, pur nella vaghezza del mistero di un quadro scomparso, di fronte al senso piú profondo dell’arte, ovvero che nella “bellezza” possono convivere misteri ingannevoli e sublimi allo stesso tempo. Propri di ogni umana esistenza.
Per chi ama il giallo, il romanzo introspettivo, l’avventura in luoghi primordiali, dove s’intrecciano passato e presente, vita e morte, arte e potere. I personaggi vengono indagati nel più profondo dei loro moti d’animo, delle loro emozioni, dei loro pensieri, delle loro scelte, delle loro cadute. L’introspezione sfrutta l’elemento naturale intrinseco nella nostra natura istintiva, la parte fisica di ciò che ci muove e ci spinge ad agire. Ed è a Papua Nuova Guinea, terra dei demoni del Sepik, che avviene il contatto, l’incontro, lo scontro di due culture agli antipodi.
L’autore sembra essere andato alla ricerca degli istinti primari dell’uomo che accomunano indigeni primitivi e cittadini colti ed evoluti: la fame, materiale e immateriale, di cibo e di ricchezza, di prestigio, la paura di fronte a ciò che è più grande e incontrollabile, l’accettazione dell’ambiente con le sue leggi immutabili, l’odio, la vendetta che si attivano quando una legge primordiale viene violata: il rispetto dell’ospitalità e, ancor prima, della natura, perché uccidere è un “crimine commesso contro l’essere uomini”.
Una lettura travolgente: ogni volta che sembra di essere arrivati alla fine, ci si ritrova ad una nuova svolta. L’indagine accompagna il fil rouge del giallo in un circuito a spirale che sembra non finire.
Ho letto il libro che mi ha subito coinvolto per l’originalità e i tempi da vero libro giallo; stupendomi per fluidità e contenuti, con un mix di avventura tra l’ancestrale e il moderno veramente unico e sorprendente
grazie infinite per la lusinghiera recensione!