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Libri

Luciano Caminati – IsoleBianche

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I demoni del Sepik

“Che cos’è quello?” fece all’improvviso il Professore, indicando un manufatto all’apparenza di pregevole fattura ai piedi del pilone di sostegno centrale della Haus Tambaran. L’aveva adocchiato, attratto dal convergere di alcuni anziani in quel punto. Akunai aveva capito e gli fece cenno di mostrarglielo. “E’ un teket, lo sgabello del wagen, lo spirito dell’antenato primordiale” precisò Steve a bassa voce. Si trattava effettivamente di uno sgabello, una bellissima scultura lignea con figure zoomorfe intagliate sulle tre gambe a forma di zampe d’uccello; la quarta era una figura antropomorfa con attributi maschili e seni prorompenti che terminava in alto, a mo’ di schienale, con una grande testa ovale. Due cerchi concentrici, ognuno con una conchiglia sezionata a spirale al centro, formavano i piccoli occhi separati da un rilievo filiforme che univa la fronte con la bocca, una greppia di denti stilizzati. L’espressione enigmatica del volto sembrava fissare il mistero di un’altra dimensione. In quello sguardo ci si poteva affacciare sulla vertigine insondabile di un aldilà.

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L’Amazzonia interiore

Avevamo raggiunto la soglia del villaggio. Avevo raggiunto la soglia di un altro mondo. E la chiara luce della luna mi svelava l’intimo silenzio delle amache gravide di corpi assopiti, agitati, che leggermente dondolavano tra le ombre dei fuochi ancora accesi, nel lieve borbottio di qualche insonne, il guaire di un cane, il pianto di un bambino. Ci fermammo davanti ad un fuoco. Due anziani stavano accovacciati sui talloni al loro modo, gli occhi fissi al gioco delle fiamme, persi in chissà quali pensieri che ogni tanto si raccontavano in improvvisi frammenti di suoni gutturali e dolci, in un ridacchiare pieno e basso. Quasi nemmeno si accorsero della nostra presenza. Noi di qua e loro di là, così forte quella distanza. Avrei voluto toccarli per vedere se erano veri. Già, perché no? Era solo questa la differenza, una delle piccole grandi differenze: che loro lo avrebbero fatto, lo facevano; come un cane mi avrebbero annusato e leccato fino a riconoscermi. Una sensazione completa capace di definire una persona.

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Metànoia

Anni Settanta. Gli anni dell’hard rock e dell’heavy metal. Gli anni della gioventù in lotta contro l’ordine dei padri. Gli anni della rivoluzione sessuale. Lei, Francesca, studentessa universitaria, nel fiore della giovinezza. Lui, Thomas, alpinista di fama internazionale, già quarantenne e all’apice di una leggendaria carriera sportiva. Si conoscono durante “una notte di eccessi e follie”. Tra i due nasce subito una forte intesa, un amore che si nutre della passione, altrettanto forte, per le montagne, per la vita avventurosa e selvaggia fino a quando Thomas scompare sulla Grande Montagna, in circostanze misteriose, durante una spedizione alpinistica in Himalaya. Per Francesca la vita improvvisamente si ferma, sospesa nella lunga interminabile lotta contro l’inaccettabile quotidianità del vuoto, nella speranza di sorprendere un giorno Thomas “aprire di nuovo il cancelletto sotto al melograno” e tornare a casa.

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Solitudini di ghiaccio

Mario Trimeri è il secondo italiano, dopo Reinhold Messner, ad avere raggiunto il traguardo delle Seven Summits ed è il primo al mondo, con la rumena Coco Popescu, ad aver salito le Volcanic Seven Summits, i sette vulcani più alti dei sette continenti; ma è anche l’unico sulla Terra ad avere realizzato entrambi i primati. Oltre a questo, Mario è un viaggiatore incallito, animato da autentico spirito vagabondo che lo ha portato a viaggiare in ogni angolo del pianeta, dalle grandi traversate polari ai deserti sahariani, dalle zone più impervie delle Ande a quelle Himalayane, dedicandosi, in particolare, alla esplorazione sistematica delle regioni più remote dell’Antartide. Il libro racconta gli anni tormentati che vanno dalla prima spedizione all’Everest, intrapresa con spirito squisitamente turistico, nel 2003, in occasione delle celebrazioni per il Cinquantenario della prima salita, a quella del 2007, il cui successo ha segnato la completa maturazione non tanto del Mario alpinista, quanto del Mario uomo.

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Caraibi Orientali

L’arcipelago è costituito da oltre 50 isole e diverse migliaia di banchi corallini, isolotti e scogli disabitati che si estendono su una superficie di 2,6 milioni di chilometri quadrati di mare, il Mar dei Caraibi. I primi esploratori battezzarono l’intero arcipelago con il nome di Antille; oggi le isole sono raggruppate in Grandi Antille o Caraibi occidentali – tra cui Cuba, le Isole Cayman, la Giamaica, la Repubblica Dominicana, Portorico e le Isole Vergini – e Piccole Antille o Caraibi orientali. La catena delle Piccole Antille, comprende a sua volta le Isole Sottovento, le Isole Sopravento – inframmezzate dalle Antille Francesi e dal gruppo delle isole di Saba, Sint Eustatius e Sint Maarten, appartenenti alle Antille Olandesi – e più a sud Trinidad e Tobago. Barbados si estende a est delle Isole Sopravento. L’altro gruppo di isole olandesi – Aruba, Bonarie e Curacao (dette anche “ABC”) – si trovano a ovest di Trinidad, di fronte alla costa venezuelana. Nella guida dei Caraibi occidentali sono incluse anche le Bahamas e le più lontane Bermuda, che non rientrano propriamente nei Caraibi.

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Caraibi Occidentali

Per la maggior parte di noi i Caraibi rappresentano l’archetipo dell’esotico: spiagge coralline con palme, mare cristallino cobalto, temperatura mite tutto l’anno, il sole, la musica, la salsa, il merengue, il calypso, il carnevale. Detto così appare superfluo spiegare il perché di una scelta del genere: chi vuole rilassarsi nella spensieratezza, ma anche chi ama gli sport legati al mare, non ha che l’imbarazzo della scelta tra una vasta offerta di isole, tutte attrezzate per questo genere di attività. Eppure, chi pensa che vista un’isola le ha viste tutte, sbaglierebbe di grosso. Non solo le isole hanno origini geologiche diverse, da quelle prettamente coralline a quelle vulcaniche, ma la loro morfologia è assai diversificata: dagli affascinanti panorami e paesaggi desertici, di Aruba, a quelli ricchi di vegetazione lussureggiante, di Dominica, Guadalupa e St. Vincent, dalle elevate catene montuose di Hispaniola e Giamaica, alle isole pianeggianti di Anguilla e Cayman, e tanto altro ancora.

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